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21 Aprile 2022/ Nissan 5782
I prodotti cosmetici, non essendo commestibili, sembrerebbero esentati dalle regole della kasherut, in questo caso quindi non necessiterebbero della certificazione "kosher for passover" per essere utilizzati durante la settimana di Pesach. Eppure per legge non possiamo assolutamente attestare l'idoneità di tutti i prodotti della cosmesi non destinati al consumo alimentare. Inoltre, è anche difficile ricavare una regola generale che valga per tutti, perchè ve ne sono di svariati tipi, e ognuno svolge funzioni diverse e presenta ingredienti differenti.
Akhshevei - "gli dà importanza": Secondo la halachà, è permesso possedere durante pesach del chametz che sia o ammuffito o bruciato al punto che “nemmeno un cane lo mangerebbe”: in questecondizioni non è più da considerarsi cibo. Nonostante ciò, i maestri hanno decretato che anche il cibo ammuffito e bruciato non possa essere mangiato, in quanto così facendo la persona conferirebbe importanza al chametz (seppur di per sé non ne abbia).
Sikhà keShtiyà - ungersi equivale a bere: La Torà vieta la consumazione di cibi terumà (alimenti destinati al sacerdote, o kohen), riferendosi con questo divieto a tutti coloro che non sono kohen, ai kohen impuri e agli ebrei non circoncisi. Una beraita (legge orale incorporata nella Mishnà) insegna che è vietato perfino cospargersi di olio teruma, in quanto "sikhà keShtiyà": ungersi equivale a bere.
Secondo alcuni codificatori questa è una regola biblica, mentre per altri è rabbinica.
Una delle fonti citate per confermare che è una legge della Torah è il versetto (Tehillim 109, 18): “Egli si è ricoperto della maledizione come di un abito, questa è penetrata in lui come fosse dell'acqua e nelle sue ossa come dell'olio” il versetto parla della maledizione che penetra nel malvagio, come acqua e olio entrano nel corpo.
Si disputa se la regola Sikhà keShtiyà (ungersi equivale a bere) viga anche per altri divieti, ad es. ungersi di grasso proibito, sangue, sostanze chametz.
Il Siftei Kohen, nel suo commento Nekudot hakessef, Yorè Deà 117, riporta che il Ramà (in un manoscritto) esprime la sua perplessità circa il fatto che la gente faccia uso di sapone contenente grasso proibito alla consumazione. Il Siftei kohen deduce che è giusto essere rigorosi e non usare tale sapone.
D'altro canto, il Perì khadàsh, il Kaf HaKhayim ed altri sostengono che essendo la sostanza proibita “pagum” (andata a male) - non è problematica (diversamente invece se si usa la sostanza in buono stato).
Essendovi una disputa in riguardo, il Biur Halakhà (O. C. 326) conclude che laddove sia reperibile, è bene usare sapone che non contenga prodotti proibiti.
Altri codificatori sostengono che il principio di akhsevei ("gli dà importanza") si applica solo alla consumazione, non alla unzione. Secondo loro non è necessario che i prodotti spalmabili siano kasher lePesach.
In sostanza, nell'incertezza causata dai tanti dibattiti e alle differenze di opinioni, è sempre meglio attribuire maggiore peso alle opinioni secondo le quali tutti i prodotti adoperati debbano essere certificati kasher lePesach. Altrimenti è pur sempre possibile appoggiarsi alle autorità che sostengono un approccio meno estremo e che riconoscono la kasherut di alcuni prodotti.
N.B. Il divieto dell'unzione si deve applicare solo ad unzione di piacere, mentre è assolutamente permessa l'unzione se è effettuata a scopo curativo e medico.
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